domenica 13 novembre 2011

GIBA: San Giorgio Martire


Il 5 maggio 1066 Torchitorio I giudice del Regno di Karalis dona all’abbazia di Montecassino sei chiese (S. Maria di Flumentepido, S. Marta, S. Maria di Palmas, S. Vincenzo de Taberna, S. Pantaleo de Olivano e S. Giorgio di Tului, tutte site nel Sulcis) con relativi servi e pertinenze affinché i monaci Benedettini impiantassero altrettanti monasteri ed avviassero un programma di miglioramento agrario ed economico, oltre che ovviamente occuparsi della cura spirituale dei vari territori. La chiesa S. Georgii de Tului viene ricordata insieme alle altre cinque nel portale bronzeo dell’abbazia Cassinese. Infatti sono incise su quattro delle sedici targhette di bronzo datate all’epoca dell’abate Oderisio II (1123-1126).  Ritroviamo la chiesa di S. Giorgio in un documento del 1144 ed è probabile che l’intento monastico non andò a buon fine (anche a causa delle contese con i vescovi sulcitani) perché questa pieve, che dovette essere il fulcro religioso del borgo fortificato di Tului, si trova elencata tra i possedimenti che con il “privilegium protectionis” papa Onorio III, confermò nel 1218 alla diocesi sulcitana.
Dall’elenco delle decime che venivano pagate alla Santa Sede, sappiamo che nel 1342 il suo rettore, Bernardo de Puteo, versò 6 lire ed altre 3 lire e 12 soldi, annotate nel registro degli anni 1346/50. Altro documento dello stesso secolo, è il Repartimento del 1365, secondo il quale la villa era tra quelle soggette alla tassazione in favore della Corona aragonese.
Il villaggio di Tului, ha condiviso il destino di numerosissimi centri che in tutta la Sardegna in tempi diversi e per diverse ragioni sono stati abbandonati; risulta disabitato nel 1483, tuttavia alcuni nuclei abitativi vennero ripristinati a partire dal XVIII secolo e restarono in uso ancora fino agli anni Cinquanta del XX secolo. Non si conosce l’esatto periodo di smantellamento della chiesa; numerosi blocchi in trachite ed arenaria della sua struttura furono reimpiegati nella costruzione degli edifici sopracitati ed allo stesso modo non vennero risparmiate le decorazioni scultoree, in parte trafugate, in parte custodite presso il museo di Carbonia; altre poi non meglio identificate e ancora oggi inglobate in altre costruzioni. E’ il caso di una figura che si trova nella chiesa del vicino paese di Masainas intitolata a San Giovanni Battista, la quale risulta essere in stridente contrasto con il resto della muratura nonostante il tentativo dell'intonaco di uniformare il tutto. La figuretta è orrendamente ridipinta il che ne rende difficile la lettura, tuttavia lo stile è perfettamente riconducibile a quello delle altre decorazioni già note, così come è riconducibile anche alle protomi della chiesa di Santa Marta di Villarios, opera di scalpellini locali realizzate secondo un gusto arcaizzante, elementare e al limite del grottesco.
Tra le altre sculture risparmiate dal tempo e dall’azione nefasta dell’uomo si conserva una mensola in trachite caratterizzata anch’essa da una  particolare deformazione ironica e grottesca; ha una testa molto grande su un corpo gracile, stretto dalle braccia sottili con le mani piccole ed esili che accarezzano la barba appuntita. Trova confronti con una protome della chiesa di S. Platano a Villaspeciosa. Tra gli elementi plastici della chiesa di S. Giorgio si annovera anche un frammento di cornice ornato da caulicoli a foglie d’acanto riverse. È questo un tipo di decorazione frequentissima nell’arte pisana e presente in modo particolare nel Duomo di Pisa ma anche in molti edifici sardi in stretto rapporto con essa. Del resto il motivo a caulicoli e foglie d’acanto è presente anche nei capitelli del portale principale della chiesa di S. Giusta ad Oristano, dovuta a maestranze pisane.
Tra le sculture trafugate poco tempo dopo il rinvenimento figura una lastra arrotondata sulla sommità, nella quale è rappresentata una scena di caccia o di combattimento di un uomo con un leone. La figura dell’uomo è ripresa in maniera piuttosto approssimativa con il corpo che sembra galleggiare nell’aria quasi senza peso e che impugna una sorta di zagaglia. Il leone invece risulta scolpito con una certa abilità.

Altra chiesa pertinente a Tului dovette essere quella votata a San Pietro, eretta nei pressi di una villa di età romana (località indicata ancora oggi S. Pietro), e poi ricostruita nel 1932 secondo un gusto alquanto discutibile, all’estremità Nord dell’abitato odierno. Oggi questa pieve risulta abbandonata e in rovina, così come l’annesso cimitero.
Oggi di Tului (compreso nel territorio comunale della vicina Tratalias) non restano che isolati ruderi sepolti dalla vegetazione e non vi è purtroppo traccia né della chiesa dedicata a S. Giorgio né del castello, entrambi ricordati nelle fonti. La costruzione della vicinissima  diga di Monte Pranu negli anni Cinquanta del XX secolo ha determinato anche la sommersione di parte delle costruzioni del villaggio. Una accurata indagine archeologica potrebbe aiutare a fare chiarezza non solo sulle proporzioni dell’edificio di culto ma anche dell’intero abitato e del castello.
Da Tului ha avuto origine l’attuale paese di Giba situato un chilometro più a Sud. Il sito di Tului indicato in alcune carte come Tulni risulta infatti a pochi km dal paese e nelle vicinanze della diga di Monte Pranu.
A cura di Claudio Portas, laureando in Storia dell’Arte

Progetto: chiesecampestri.it



sabato 24 settembre 2011

GHILARZA: Santa Maria Maddalena



Sa Maddalena era sita poco fuori dalla parte occidentale dell’abitato di Ghilarza, nel declivio che determina la vallata di Chenale, che si sviluppa tra lo sperone roccioso più ad ovest, ospitante la chiesa della Madonna del Carmelo (nota più comunemente come “su Prammu”) e la parte terminale dell’abitato ad est, dove si estende il grande piazzale della chiesa romanica di San Palmerio e della Torre Aragonese.
Scarsissime le notizie riguardanti questo edificio dedicato alla Maddalena; Soltanto il Licheri, nel suo volume riguardante Ghilarza, stampato nel 1900, riporta che si trattava di una proprietà di un privato, il quale l’acquistò dal Demanio. Lo stesso autore riferisce che le sue prime attestazioni risalgono al 1757, allorquando Monsignor Del Carretto, costatandone le condizioni rovinose, chiese al Procuratore Parrocchiale di provvedere a dei restauri e migliorie. Passata all’inizio del 1800 sotto il Patronato degli Artigiani (i quali riconoscevano nella Santa la propria patrona), non effettuati i restauri che vennero richiesti anche dal Monsignor Bua, nel 1836 venne chiusa al culto e divenne un ossario. Vendute le tegole del tetto nell’anno successivo, il Licheri ricorda l’edificio come”uno stanzone zeppo di bianche ossa”. Nella memoria locale molti anziani ricordano ancora la località ed il posto preciso (che dovrebbe corrispondere all’incirca alle due linee parallele tracciate). In situ si distinguevano, fino ad una sessantina di anni fa, prima dell’azione di pulizia a scopo agricolo, frammenti di tegole e pietre verosimilmente appartenenti all’edificio

A cura di Claudio Licheri, archeologo

Progetto: chiesecampestri.it

mercoledì 13 luglio 2011

SASSARI: Sant'Elia Profeta






Era nota come Sant'Elia al Monte in quanto si trovava alla falda del così detto 'Monte Rosello', ossia l'altura digradante verso maestrale su cui oggi sorgono alcuni quartieri residenziali della Sassari moderna. Uniche notizie sulla chiesa prese dal Sassari di Enrico Costa (vol. II, pp. 1197-98): è ricordata come chiesa "extra muros" della città, posta a una certa distanza, nell'atto del 31 agosto 1571 con cui l'Arcivescovo Martino Martinez Villa "unisce" i frutti delle rendite derivanti da pertinenze e terre di 46 chiese campestri alla Chiesa Cattedrale Turritana; Sant'Elia è poi menzionata nelle Congregazioni Capitolari avvenute tra il 1597 e il 1617, ma non è riportato dal Costa quante volte e in quali anni. Il piccolo tempio fu poi citato dal poemetto "Verdadera relatiòn delle cose meravigliose che avvennero nella città di Sassari nel 1648" del Padre cappuccino Antonio Sortes (poemetto di 208 stanze, stampato nel 1649). Nel poema, dedicato al Crocifisso miracoloso della chiesa parrocchiale sassarese di Sant'Apollinare, Sortes scrive nella stanza 63, dell'edificio che è indicato come "povero", a dimostrare la semplicità e l'essenzialità che la chiesa dedicata al santo profeta doveva presentare al fedele; ecco il testo:
 
Secretos anduvieron hasta el monte
Do San elias tiene el pobre Templo,
Y con sus disciplinas à Aqueronte
Dieron mucha afliciòn (como contemplo),
Y si bien obscuro el orizonte
Porque la gente de esto tome ejemplo,
Mandan los Cielos luego à publicarlo,
Porque venga la gente a imitarlo.
 
Trovo poi menzione della chiesa, come ancora esistente, nel Cessato Catasto Agricolo del 1876, al Mappale 3269 Frazione I² : "Chiesa di Sant'Elia", con accesso dalla "Strada per Sorso", confinante con gli eredi "Mela di Sant'Elia" (map. 3267) e le Monache Cappuccine (map. 3268), corrispondente nella mappa stilata nel 1864. La mappa dimostra come il piccolo tempio sorgesse nell'area oggi prossima alla Via Pirandello, lato destro percorrendola in direzione Sorso. Nell'area oggi non si distingue alcuna vestigia della chiesa: propendo, confrontando la vecchia mappa ottocentesca con l'attuale situazione, che l'edificio fosse collocato nel campo tra la rotatoria posta all'innesto con la Strada Provinciale 60 "Buddi Buddi" e la prima curva a tornante  (discesa verso la valle di Logulentu) della Strada Statale 200 Sorso e Sennori
 
A cura di Alessandro Ponzeletti, specializzato in Studi Sardi in Indirizzo artistico-archeologico 
 
Progetto: chiesecampestri.it