lunedì 10 agosto 2015

CAPOTERRA: le chiese di Santa Maria Maddalena e di San Giorgio Martire


 

 
La “Villa” di Santa Maria Maddalena (oggi conosciuta come La Maddalena Spiaggia di Capoterra), nel periodo giudicale e aragonese possedeva un porto nello stagno, le saline, una peschiera vicino al ponte di Maramura, un porto con pontile sul mare della Maddalena Spiaggia, una vasta area boschiva che, nella seconda metà del ‘700 venne  disboscata per la lambranza. Contava una chiesa che era già presente nel periodo giudicale e 41 fuochi registrati nel 1323. Abbandonata tra la fine del XIV secolo ed il periodo successivo, la Villa Santa Maddalena si trasformò in un “paese fantasma” fino alla seconda metà del ‘700, quando un abile imprenditore, il Console Giorgio Vallacca, vi impiantò le saline e trasformò il luogo della Maddalena, oramai da tempo desolato e malsano a causa degli stagni circostanti, in un podere ricco e prospero. Lo stesso imprenditore nell’anno 1777, in un lettera  indirizzata all’Arcivescovo Vittorio Mellano, chiese il permesso  di poter edificare una chiesa dedicata a San Giorgio Martire delle Saline, per offrire un servizio utile per quel luogo ormai abbandonato da tempo. Inoltre scrisse nella lettera che, la cappella se pur privata, era accessibile a tutti: massai, pastori, pescatori e ai “foresteris”. La chiesa di San Giorgio venne costruita nel 1778 e più tardi, nel 1782, Vallacca acquistò anche  l’antica chiesa di Santa Maria Maddalena per la somma di 15 scudi. Nelle  trattative epistolari tra Vallacca e il cancelliere ecclesiastico referente dell’Arcivescovo Vittorio Mellano, si leggono le condizioni in cui versava l’antica chiesa: non aveva più il tetto e la finestra, ma erano solo presenti le mura perimetrali; la porta era vecchia e la chiesa non aveva più un ponte. In una mappa del 1793, sopra la casa della Maddalena compare una croce, ad indicare la presenza della chiesa. L’edificio corrisponde allo stabile tutt’oggi presente nella località Maddalena Spiaggia, dopo il ponte di Maramura, ma è un vecchio  rudere abbandonato. Mentre la chiesa di San Giorgio Martire delle Saline è stata demolita nel 1997, per dare spazio alle costruzioni della Residenza del Sole. In riferimento a quest’ultima, tengo ad informare il lettore, che ciò non è avvenuto per l’incuria di preservare un nostro bene  storico e artistico, in quanto nessuno era al corrente dell’esistenza della  chiesa di San Giorgio dell’epoca Sabauda e tanto meno, si è/era  a conoscenza  che i vecchi ruderi nell’odierna  Maddalena Spiaggia, siano quelli  dell’antica chiesa di Santa Maria Maddalena. Anche se le “capillarità” di questo patrimonio storico e artistico  non sono più percepibili “a occhio nudo”,  possiamo almeno divulgare questi  elementi storici e inediti, servendoci di questo importante sito, o consultando il testo cartaceo presso le biblioteche, per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale.

A cura di Cinzia Arrais, accompagnatrice guida Gae e autrice della pubblicazione "La Maddalena Spiaggia dal 1300 alla seconda metà del 1700" Progetto www.chiesecampestri.it

giovedì 28 maggio 2015

CARGEGHE: San Procopio



Nella memoria tradizionale cargeghese non rimane il benché minimo ricordo della chiesa rurale di San Procopio poiché con molta probabilità fu già ridotta allo stato di rudere verso la metà del XVIII° secolo.
Le uniche notizie relative a tale edificio sacro sono quelle contenute nei registri parrocchiali tra la fine del XVI° secolo e la prima metà del secolo successivo.

Nel legato di Magdalena de Fiumen del 4 novembre 1591, la chiesa viene menzionata per la prima volta:
“Ittem queret que su mesu desa tribuna de Stu Procopiu siat fata subra su sou.” Item vuole che la metà della tribuna di San Procopio sia fatta sopra il suo. (Quinque libri, registro dei battesimi n. 1, foglio 122/69)

In altra registrazione di pochi anni posteriore si apprende che la chiesa necessitava di lavori (di ampliamento?) - faguere fabricu - e si dava disposizione che si pagasse la giornata di un maestro muratore.

Legato di Brancaziu Mula del 19 settembre 1595:
“Asa ecclesia de Santu Precopiu ecclesia rorale de ditta villa cando li faguere fabricu una jornada de unu mastru et (medrigadu?) overu (?) degue soddos.” Alla chiesa di San Procopio chiesa rurale di questa villa quando faranno lavori una giornata di un maestro e (medrigadu?) ovvero (?) dieci soldi. (Quinque libri, registro dei battesimi n. 1, foglio 43d).

Probabilmente i lavori di ristrutturazione non erano ancora conclusi se solo un anno dopo Ambrosu Solinas lasciò 10 soldi e altri fondi per incalcinare l'edificio.

Legato di Ambrosu Solinas, 11 luglio 1596:
“(...) et a Santu Procopiu 10 soddos (...). Ittem lassat qui subra sos benes suos siat inquarquinada sa ecclesia de Santu Procopiu (?).” E a san Procopio 10 soldi (...). Item lascia che sopra i suoi beni sia incalcinata la chiesa di San Procopio. (Quinque libri, registro dei battesimi n. 1, foglio 71/24/3).

In una registrazione del XVII° secolo ritroviamo una sua menzione inerente il lascito di terreni forse confinanti a quelli dell'Opera della chiesa. (riportiamo la traduzione)

Legato di Priamu Pinna, 18 marzo 1624:
Item testiamo, lasciamo, vogliamo e comandiamo (?) e l'anima nostra dopo seguita la morte di entrambi noi altri all'opera di San Procopio chiesa rurale della presente villa tutte quelle terre nostre che teniamo e possediamo nei territori della presente villa nel luogo detto Valle pedrosa(1), dette terre vogliamo che sempre e quando le voglia (?) gli operai a conto e profitto di detta opera che le (?) alla buonora e (?) se non le vogliono (?) vogliamo che dette terre si vendano al (?) risulta di dette terre si carichino a sensale in luogo sicuro, e della pensione si paghi per riparare ogni anno la predetta chiesa (?) essere questa l'ultima nostra volontà che vogliamo. (Quinque libri, registro dei battesimi n. 1, foglio 80b/32b).

Non vengono riscontrate ulteriori registrazioni posteriori che menzionano la chiesa, e ciò lascerebbe presumere che si avviò un processo di degrado delle strutture e rimozione dalla memoria collettiva.

Nel libro di amministrazione della parrocchia SS MM Quirico e Giulitta della seconda metà del XVIII° secolo si menziona il sito di Santu Precòpiu o Procòpiu, indicando la sua ubicazione nella Vidassoni de Campu de Mela, un'area posta nella piana a valle del paese, confinante con altro sito denominato Coa de Molino.
In virtù di tali "coordinate" è stato possibile individuare l'odierna area corrispondente all'agiotoponimo settecentesco oggi caduto in disuso. In tale luogo era probabilmente ubicato l'edificio di culto, forse all'epoca, come accennato, già in stato di rudere. L'area da sempre è sottoposta a lavori agricoli e dunque in situ non si rilevano tracce di un antico edificio.


La medesima area venne archeologicamente investigata dalle dott.sse Giuseppina Manca di Mores e Tiziana Bruschi alla fine degli anni '90 del secolo scorso. Tale sito però nello studio pubblicato alla fine dei lavori venne indicato con il toponimo di S. Episcopio (al momento si ignora da dove sia stato attinto) e non con quello corretto di Santu Procòpiu. Anch'esso, insieme al sito di Santu Pedru - separati da una strada – fu probabilmente inerente al villaggio di Carieke, la Cargeghe medievale, nella cui area lo studio in questione ha evidenziato una vastissima area di frammenti ceramici che coprono un arco cronologico compreso almeno fra il II secolo a.C. e il VII d.C. da riferire ad un insediamento di lunga durata. Congetturando è ipotizzabile che le chiese di Santu Pedru e Santu Procòpiu appartenessero al medievale villaggio di Carieke, che in data imprecisata ma verso la metà del XIV° secolo spostò la sua sede originaria nell'attuale sito.

Sempre in tale area si trovano i ruderi di un antico mulino idraulico. Parte dei materiali utilizzati per l'edificazione del mulino ottocentesco potrebbero provenire dai ruderi della vicina chiesa? Solo una supposizione.




Labili tracce della chiesa “scomparsa” e del culto del martire si ritrovano in altre chiese del paese. All'interno dell'Oratorio di Santa Croce ad esempio, vi sono due porzioni di cornice con incisa una datazione e una iscrizione, presumibilmente seicentesche, ad oggi ancora inedite, che potrebbero essere ricondotte, almeno la seconda, alla chiesa in esame ed inseguito ricollocate quali elementi decorativi all'interno dell'Oratorio. La prima cornice posta nella parete destra, porta incisa la data del 1630, ma non è possibile comprendere se sia l'anno indicante l'edificazione dell'Oratorio, o un elemento importato e inglobato nella muratura.
La seconda cornice collocata nella parete opposta reca incisa invece una parziale iscrizione con segni di interpunzione, la quale recita:

 · P · MAR · PORC · O ·

che potrebbe essere interpretata nella maniera seguente:
· P[RO?] · MAR[TYRIS] · PORC[OPIUS] · O[PUS] ·

Forse una iscrizione relativa ad importanti lavori eseguiti all'interno della chiesa rurale e che in seguito al suo decadimento vennero asportati parte dei materiali e ricollocati nell'Oratorio in data imprecisata. Il Porc[opius] dell'iscrizione potrebbe essere l'esito per metatesi di Procopius.





All'interno della parrocchiale del paese, in una delle cappelle tardogotiche laterali, trovasi un dipinto del quale si possiedono rare notizie, forse eseguito alla fine del XVI° secolo, c'è chi dice dalla bottega di Baccio Gorini, o da tal Marco Antonio Maderno pittore pavese presente in quell'epoca a Cargeghe. L'opera “Madonna in trono e Santi” dove vengono ritratti tra le altre figure, due martiri dei quali quello sul lato destro del dipinto potrebbe ricondurre al martire Procopio poiché rappresentato con ai piedi elmo, scudo e spada e dunque effigiato come un martire guerriero del tutto simile alla iconografia conosciuta di san Procopio.




A cura di Giuseppe Ruiu cultore di storia locale (leggi la scheda completa nel suo blog)

Progetto: www.chiesecampestri.it