Nella memoria tradizionale
cargeghese non rimane il benché minimo ricordo della chiesa rurale di San
Procopio poiché con molta probabilità fu già ridotta allo stato di rudere verso
la metà del XVIII° secolo.
Le uniche notizie relative a
tale edificio sacro sono quelle contenute nei registri parrocchiali tra la fine
del XVI° secolo e la prima metà del secolo successivo.
Nel legato di Magdalena de
Fiumen del 4 novembre 1591, la chiesa viene menzionata per la prima volta:
“Ittem queret que su mesu desa
tribuna de Stu Procopiu siat fata subra su sou.” Item vuole che la metà della
tribuna di San Procopio sia fatta sopra il suo. (Quinque libri, registro dei
battesimi n. 1, foglio 122/69)
In altra registrazione di
pochi anni posteriore si apprende che la chiesa necessitava di lavori (di
ampliamento?) - faguere fabricu - e si dava disposizione che si pagasse la
giornata di un maestro muratore.
Legato di Brancaziu Mula del
19 settembre 1595:
“Asa ecclesia de Santu
Precopiu ecclesia rorale de ditta villa cando li faguere fabricu una jornada de
unu mastru et (medrigadu?) overu (?) degue soddos.” Alla chiesa di San Procopio
chiesa rurale di questa villa quando faranno lavori una giornata di un maestro
e (medrigadu?) ovvero (?) dieci soldi. (Quinque libri, registro dei battesimi
n. 1, foglio 43d).
Probabilmente i lavori di
ristrutturazione non erano ancora conclusi se solo un anno dopo Ambrosu Solinas
lasciò 10 soldi e altri fondi per incalcinare l'edificio.
Legato di Ambrosu Solinas, 11
luglio 1596:
“(...) et a Santu Procopiu 10
soddos (...). Ittem lassat qui subra sos benes suos siat inquarquinada sa
ecclesia de Santu Procopiu (?).” E a san Procopio 10 soldi (...). Item lascia
che sopra i suoi beni sia incalcinata la chiesa di San Procopio. (Quinque
libri, registro dei battesimi n. 1, foglio 71/24/3).
In una registrazione del XVII°
secolo ritroviamo una sua menzione inerente il lascito di terreni forse
confinanti a quelli dell'Opera della chiesa. (riportiamo la traduzione)
Legato di Priamu Pinna, 18
marzo 1624:
Item testiamo, lasciamo,
vogliamo e comandiamo (?) e l'anima nostra dopo seguita la morte di entrambi
noi altri all'opera di San Procopio chiesa rurale della presente villa tutte
quelle terre nostre che teniamo e possediamo nei territori della presente villa
nel luogo detto Valle pedrosa(1), dette terre vogliamo che sempre e quando le
voglia (?) gli operai a conto e profitto di detta opera che le (?) alla buonora
e (?) se non le vogliono (?) vogliamo che dette terre si vendano al (?) risulta
di dette terre si carichino a sensale in luogo sicuro, e della pensione si
paghi per riparare ogni anno la predetta chiesa (?) essere questa l'ultima
nostra volontà che vogliamo. (Quinque libri, registro dei battesimi n. 1,
foglio 80b/32b).
Non vengono riscontrate
ulteriori registrazioni posteriori che menzionano la chiesa, e ciò lascerebbe
presumere che si avviò un processo di degrado delle strutture e rimozione dalla
memoria collettiva.
Nel libro di amministrazione
della parrocchia SS MM Quirico e Giulitta della seconda metà del XVIII° secolo
si menziona il sito di Santu Precòpiu o Procòpiu, indicando la sua ubicazione
nella Vidassoni de Campu de Mela, un'area posta nella piana a valle del paese,
confinante con altro sito denominato Coa de Molino.
In virtù di tali
"coordinate" è stato possibile individuare l'odierna area
corrispondente all'agiotoponimo settecentesco oggi caduto in disuso. In tale
luogo era probabilmente ubicato l'edificio di culto, forse all'epoca, come
accennato, già in stato di rudere. L'area da sempre è sottoposta a lavori
agricoli e dunque in situ non si rilevano tracce di un antico edificio.
La medesima area venne
archeologicamente investigata dalle dott.sse Giuseppina Manca di Mores e
Tiziana Bruschi alla fine degli anni '90 del secolo scorso. Tale sito però
nello studio pubblicato alla fine dei lavori venne indicato con il toponimo di
S. Episcopio (al momento si ignora da dove sia stato attinto) e non con quello corretto
di Santu Procòpiu. Anch'esso, insieme al sito di Santu Pedru - separati da una
strada – fu probabilmente inerente al villaggio di Carieke, la Cargeghe
medievale, nella cui area lo studio in questione ha evidenziato una vastissima
area di frammenti ceramici che coprono un arco cronologico compreso almeno fra
il II secolo a.C. e il VII d.C. da riferire ad un insediamento di lunga durata.
Congetturando è ipotizzabile che le chiese di Santu Pedru e Santu Procòpiu
appartenessero al medievale villaggio di Carieke, che in data imprecisata ma
verso la metà del XIV° secolo spostò la sua sede originaria nell'attuale sito.
Sempre in tale area si trovano
i ruderi di un antico mulino idraulico. Parte dei materiali utilizzati per
l'edificazione del mulino ottocentesco potrebbero provenire dai ruderi della
vicina chiesa? Solo una supposizione.
Labili tracce della chiesa
“scomparsa” e del culto del martire si ritrovano in altre chiese del paese.
All'interno dell'Oratorio di Santa Croce ad esempio, vi sono due porzioni di
cornice con incisa una datazione e una iscrizione, presumibilmente
seicentesche, ad oggi ancora inedite, che potrebbero essere ricondotte, almeno
la seconda, alla chiesa in esame ed inseguito ricollocate quali elementi
decorativi all'interno dell'Oratorio. La prima cornice posta nella parete
destra, porta incisa la data del 1630, ma non è possibile comprendere se sia
l'anno indicante l'edificazione dell'Oratorio, o un elemento importato e
inglobato nella muratura.
La seconda cornice collocata
nella parete opposta reca incisa invece una parziale iscrizione con segni di
interpunzione, la quale recita:
· P · MAR · PORC · O ·
che potrebbe essere
interpretata nella maniera seguente:
· P[RO?] · MAR[TYRIS] ·
PORC[OPIUS] · O[PUS] ·
Forse una iscrizione relativa
ad importanti lavori eseguiti all'interno della chiesa rurale e che in seguito
al suo decadimento vennero asportati parte dei materiali e ricollocati
nell'Oratorio in data imprecisata. Il Porc[opius] dell'iscrizione potrebbe
essere l'esito per metatesi di Procopius.
All'interno della parrocchiale
del paese, in una delle cappelle tardogotiche laterali, trovasi un dipinto del
quale si possiedono rare notizie, forse eseguito alla fine del XVI° secolo, c'è
chi dice dalla bottega di Baccio Gorini, o da tal Marco Antonio Maderno pittore
pavese presente in quell'epoca a Cargeghe. L'opera “Madonna in trono e Santi”
dove vengono ritratti tra le altre figure, due martiri dei quali quello sul
lato destro del dipinto potrebbe ricondurre al martire Procopio poiché rappresentato
con ai piedi elmo, scudo e spada e dunque effigiato come un martire guerriero
del tutto simile alla iconografia conosciuta di san Procopio.
A cura di Giuseppe Ruiu cultore di storia locale (leggi la scheda completa nel suo blog)
Progetto: www.chiesecampestri.it